Il sambuco

Il sambuco è protagonista di numerose leggende e credenze della tradizione popolare europea, alcune delle quali giunte fino a noi oralmente.
Holunder, “albero di Holda”, è il sambuco presso i Germani, e in esso risiede Holda o Hulda (ma anche Holla o Holle), fata benigna dai capelli biondo oro del folklore germanico medievale.*
Dal suo legno ritenuto magico si potrebbe ricavare un flauto, tagliandone un ramo in un luogo dove non è possibile udire il canto del gallo.**

*Alfredo Cattabiani, “Florario. Miti, leggende e simboli di fiori e piante”, Milano, Mondadori, 1998, 398.
**Angelo De Gubernatis, “Mitologia delle piante. Le leggende del regno vegetale”, M.I.R. Edizioni, 2010, 196 (“La mythologie des plantes; ou, Les légendes du règne vegetal”, 1879).

Il sambuco comune (Sambucus nigra L.) è una pianta arbustiva legnosa a foglie decidue, alta 4-6 metri, della famiglia delle Adoxaceae. È una specie molto diffusa in Italia, soprattutto negli ambienti ruderali, nei boschi umidi e lungo i corsi d’acqua. Fiorisce in aprile-maggio e fruttifica in luglio-agosto. Presenta numerose proprietà medicinali, particolarmente nei fiori e nei frutti, mentre tutto il resto della pianta, semi compresi, risulta essere tossica.
Già nel mondo antico se ne riscontra l’utilizzo a fini terapeutici. Plinio il Vecchio (“Naturalis historiae”), infatti, suggerisce foglie di sambuco mischiate con vino per curare i morsi dei cani, mentre Dioscoride (“De materia medica”) evidenzia l’efficacia dell’infuso di radici di sambuco, lappola maggiore e vino contro i morsi di vipera. In epoca medievale ulteriore utilizzo ne fa Pietro de’ Crescenzi (“Ruralium commodorum”): mischiando vino e corteccia di sambuco si ottiene un macerato utile per contrastare la febbre e provocare le mestruazioni.

L’uso alimentare del sambuco in età medievale è ampiamente attestato da una serie di ricette pervenuteci attraverso manoscritti di cucina occidentale. Se ne riscontra l’impiego sin dal “Liber de coquina”, con frittelle alle quali si potevano aggiungere “flores sambuci uel alios flores quoscumque uolueris”.
In foto un tentativo di riproduzione del “sambugado zoè lacte con fior de sambuco”, dal Ms. 255, Biblioteca Casanatense, noto come “Anonimo veneziano”. I fiori di sambuco si ammollano nel latte affinché rilascino il proprio aroma; il latte viene poi filtrato e vi si unisce un battuto d’uova. Il tutto viene messo a bollire per ottenere una crema densa, servibile anche a fette. — con Ptičkart – Ars Vascellari

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